Cos’è la compassione? Si tratta di una qualità dell’essere umano, una qualità preziosa che ci permette di affrontare le difficoltà della vita in modo aperto e maturo.

Esistono diverse definizioni di compassione, quella che normalmente usiamo noi è attribuita al Dalai Lama e recita così: la compassione è la sensibilità verso la sofferenza nostra e degli altri unita all’impegno autentico di far qualcosa per alleviare o prevenire questa sofferenza.

È una definizione completa che ci permette di vedere tutti gli aspetti di cui è composta la qualità della compassione.

SENSIBILITA`

Il primo aspetto è la sensibilità alla sofferenza. Si parla sia della nostra sofferenza che di quella degli altri. Perché è importante iniziare a coltivare un atteggiamento di compassione per noi stessi, così da poter accogliere la nostra sofferenza con apertura, senza volerla allontanare in tutti i modi.

Significa imparare a sentire come stiamo, quello che sentiamo e ad aprirci alle nostre emozioni senza paura.

Ci rivolgiamo a noi stessi come se stessimo ascoltando un caro amico in difficoltà, con lo stesso calore e la stessa pazienza.

MOTIVAZIONE 

Il secondo aspetto della compassione è la motivazione di attivarsi per alleviare o prevenire la sofferenza.

Dopo esserci permessi di sentire la nostra sofferenza e quella degli altri possiamo sentire lo slancio autentico di voler fare qualcosa per questa sofferenza, che sia anche solo dire una parola gentile, un abbraccio, un gesto d’amore per noi stessi.

Questa parte è molto importante, in questo modo non ci sentiremo inutili o impotenti davanti alle difficoltà. Anzi, avremo il coraggio di esserci e di fare ciò che è necessario per noi e per gli altri.

CAMBIO DI ATTEGGIAMENTO

Quando iniziamo a vivere la compassione per noi e poi per gli altri cambia anche il nostro atteggiamento verso la vita.

Quello che prima ci sembrava ingiusto (sempre a me), inaccettabile (solo io soffro così), insopportabile (non ce la faccio), inizia a diventare lavorabile.

Iniziamo a vedere che le difficoltà fanno parte della vita di tutti e che nessuno ha un certificato di esenzione!

COMPASSIONE IN PRATICA

Per allenare la qualità della compassione esistono diverse pratiche. Quella che vi propongo è una pratica di Kristin Neff, una psicologa e ricercatrice americana che da più di vent’anni ricerca nell’ambito della compassione per noi stessi.

Si tratta di un esercizio semplice, da fare bella vita quotidiana ogni volta che ci troviamo a sperimentare una difficoltà.

Si svolge in 3 fasi:

CONSAPEVOLEZZA

UMANITÀ CONDIVISA 

GENTILEZZA 

1- CONSAPEVOLEZZA: nella prima fase ci prendiamo un attimo per riconoscere che siamo in difficoltà. Ce lo possiamo dire usando frasi come “questo è un momento difficile “, “riconosco che sto male”, oppure “che brutto momento”. Ognuno può scegliere la frase più adatta alla situazione che sta vivendo. È importante dire la frase dentro di noi, ci permette di metterci in contatto con quella difficoltà, lasciandole lo spazio di esserci.

2- UMANITÀ CONDIVISA: nella seconda fase facciamo qualcosa di diverso da quello che siamo abituati a fare. Normalmente quando soffriamo abbiamo la tendenza a chiuderci, a isolarci. In questo esercizio facciamo esattamente l’opposto e ci apriamo al fatto che tutti soffrono, e le difficoltà fanno parte della vita di tutti.  E ancora ci diciamo delle frasi che ci permettono di connetterci agli altri, tipo: “tutti soffrono”, oppure “chissà quante persone soffrono come me ora”, “a tutti capita di sbagliare”. Anche in questo caso usiamo le frasi che meglio si adattano al momento che stiamo v

ivendo e sentiamo com’è aprirsi al fatto che la sofferenza non è una nostra esclusiva ma fa parte della condizione umana!

3- GENTILEZZA: nell’ultima parte dell’esercizio ci prendiamo un momento per rispondere alla difficoltà che sentiamo in modo gentile, incoraggiandoci e prendendoci cura di noi.  Lo facciamo dicendoci delle frasi in cui ci trattiamo con gentilezza. Alcuni esempi possono essere: “possa io rispondere con gentilezza”, “possa io perdonarmi”, possa io essere forte”. Ovviamente adattiamo la frase alla situazione che stiamo affrontando. E sentiamo com’è esserci per noi, portare gentilezza alle nostre difficoltà, senza inasprirle ulteriormente con l’auto critica.

Questo piccolo esercizio è accompagnato da un gesto, come mettere una o entrambe le mani sul cuore, oppure abbracciarci o tenerci la mano. È un modo per metterci in contatto diretto con noi stessi, con quello che sentiamo. Diciamo alla nostra mente “io ci sono per me”. E questo fa la differenza.

Vi invito a provare a fare questo esercizio, vedere com’è relazionarsi alle difficoltà in modo diverso.

A presto!

Gaia